Facciamo della gravidanza un’occasione
in cui apprezziamo i nostri corpi femminili.
(Merete Leonhardt)
I Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione sono definiti e classificati nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM-5) come persistenti Disturbi del Comportamento Alimentare e/o comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica e la qualità di vita della persona (APA, American Psychiatric Association 2013).
Sono problematiche psicologiche caratterizzate da una relazione patologica con il cibo e l’alimentazione; chi ne soffre, vive in modo problematico il rapporto con il cibo, manifesta un’eccessiva preoccupazione per la forma fisica e ha un’alterata percezione dell’immagine corporea. L’insieme di questi fattori (peso, forma e immagine corporea) influenza fortemente sia l’autostima della persona che le conseguenti oscillazioni del tono dell’umore.
Anoressia nervosa, bulimia e binge eating sono solo alcuni dei più conosciuti e diffusi Disturbi Alimentari, poichè in questo gruppo rientrano tantissime condizioni patologiche che hanno come filo rosso che le lega un rapporto complesso con il cibo e con il proprio corpo.
La gravidanza e la maternità rappresentano l’esperienza peculiare dell’universo femminile; essa comporta un cambiamento radicale nella dimensione corporea, psicologica e sociale della donna.
Sia la gravidanza che il post partum rappresentano un periodo estremamente delicato per chi ha sofferto e/o soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare in quanto il corpo della donna vive intense trasformazioni delle forme corporee, andando a scatenare in soggetti predisposti lo sviluppo della patologia alimentare, con l’ossessione del cibo e delle calorie.
La gravidanza in una donna con un Disturbo Alimentare appare un evento che si pone in contrapposizione con il significato e le problematiche sottostanti questa sindrome.
La magrezza o l’aspirazione sembrano inconciliabili con le rotondità del corpo di una donna in attesa di un figlio. Inoltre, la gravidanza pone la donna a confronto con aspetti quali la corporeità, l’alimentazione, la sessualità e la propria identità femminile adulta, che costituiscono il nodo cruciale dei DCA.
Non per tutte le mamme, infatti, è facile e piacevole osservare il proprio corpo che cresce e si modifica con l’aumento di peso, anche se la gravidanza è stata fortemente desiderata e ricercata.
È frequente che le donne che hanno sofferto di DCA precedentemente o che lo sviluppano in gravidanza, nelle prime settimane di gestazione fatichino ad accettare non solo i cambiamenti corporei ma che palesino anche una fatica psicologica nell’attaccamento al feto. Generalmente però, intorno alla 18° settimana, quando il feto inizia a far sentire la propria presenza con i primi movimenti, tale vissuto tende ad essere superato mentre in alcuni casi può persistere e influenzare l’andamento della gravidanza stessa e lo sviluppo della relazione di attaccamento madre-bambino.
Questo legame è ancora più complicato nei casi in cui la gravidanza non è stata desiderata e programmata ma “capitata” durante il periodo di amenorrea secondaria all’anoressia nervosa, dove l’eccessivo sottopeso provoca la sospensione dei cicli mestruali. In questi casi, le pazienti ritengono erroneamente di non poter rimanere incinta non avendo le mestruazioni, cosa invece possibile per il mantenimento della fase ovulatoria del ciclo mestruale.
È difficile identificare i sintomi di DCA in gravidanza perché l’attenzione al controllo del peso è non solo valorizzata da un punto di vista medico per scongiurare eventuali complicanze ma rispecchia ampiamente anche gli stereotipi socio-culturali del nostro tempo, che valorizzano magrezza e perfezione. Oppure, sul versante opposto, persistono ancora credenze popolari che sostengono che sia normale e raccomandabile in gravidanza “mangiare per due”.
La paura di acquistare peso e di accogliere le trasformazioni legate alla gravidanza sembrano presenti soprattutto nei primi mesi di gestazione; successivamente, invece, i sintomi sia nel caso dell’anoressia che della bulimia, migliorano per tutto il resto della gravidanza.
Se dal secondo trimestre di gravidanza migliora la percezione dell’immagine corporea, nel periodo post partum il grado d’insoddisfazione corporea aumenta considerevolmente: spesso le preoccupazioni per il peso riemergono e con esse anche la sintomatologia alimentare.
Il post partum rappresenta, infatti, un periodo estremamente delicato in quanto le esigenze del bambino prendono il sopravvento e la mamma tende ad andare in deprivazione dei propri bisogni primari di sonno e alimentazione per cercare di adattarsi alla nuova condizione di vita.
Questa trascuratezza materna, che purtroppo colpisce tutte le mamme che non hanno aiuti concreti nel prendersi cura del bambino e rimangono sole per molte ore durante il giorno, alla lunga espone più facilmente la mamma al rischio di alternare periodi di restrizione alimentare ad attacchi di fame, che possono assumere la caratteristica di vere e proprie abbuffate. Da ciò si evince anche quanto sia importante per la neomamma avere accanto qualcuno che si occupi e preoccupi anche di lei e l’aiuti semplicemente facendole trovare dei pasti pronti, soprattutto nei primissimi mesi del post partum.
La possibilità che queste donne possano essere seguite, soprattutto a livello psicologico, durante la gravidanza e successivamente dopo il parto appare allora di fondamentale importanza nel determinare il decorso e l’esito dell’esperienza dell’essere madre.
Di cruciale importanza risulta la possibilità di mobilizzare la rete di relazioni che sostengono queste donne.
A tale proposito è importante sottolineare come la gravidanza segni anche lo sviluppo della coppia nel suo insieme; è stato evidenziato come la condivisione di questa fase del ciclo vitale con il marito o il compagno e un maggiore supporto emotivo, sociale ed economico, possano rendere più accettabile e gestibile la futura condizione di genitore da parte delle donne in generale, ma in particolare in quelle con DCA.
Proprio perché in molti casi la persona che soffre di DCA non è consapevole della gravità del disturbo e delle sue potenziali conseguenze non solo per la propria salute ma anche per lo sviluppo del bambino è essenziale che chi è accanto alla donna sia in qualità di familiare che di curante, sia in grado dio cogliere alcuni segnali precoci che possono predisporre allo sviluppo della patologia.
I DCA sono considerati delle “severe mental illness” e come tali, richiedono trattamenti specializzati e ad alto livello di integrazione tra le diverse figure professionali coinvolte nella cura della persona. Sono patologie gravi, che possono avere un decorso prolungato e tendere alla cronicizzazione.
Risulta dunque chiaro come un disordine alimentare rappresenti un serio fattore di rischio per la salute della donna in gravidanza e per il nascituro. Se pertanto si desidera un figlio ma si ha una storia di stili alimentari particolari o disturbati sarebbe opportuno valutare l’idea di intraprendere un percorso psicoterapeutico: questa può infatti essere un’occasione per identificare le motivazioni alla base di questi comportamenti al fine di modificarli, non solo per la propria salute, ma anche a vantaggio di quella del bambino che nascerà.
Intervenire precocemente significa anche fare prevenzione sull’equilibrio della relazione mamma-bambino e intervenire nello scongiurare la trasmissione trans generazionale del Disturbo Alimentare. Prima si interviene, maggiori sono le possibilità di raggiungere la guarigione.
I Disturbi Alimentari sono malattie mentali molto gravi, ma dalle quali si può guarire attraverso una cura specifica. Una volta che il disturbo si è impadronito della persona, può diventare un processo autosufficiente pieno di sue inderogabili leggi e richiede un aiuto professionale e un supporto per arrivare ad un reale punto di benessere.
Se vuoi gioire della tua gravidanza senza che un Disturbo Alimentare possa compromettere il tuo momento unico, consulta uno psicologo. La psicoterapia ti aiuterà ad ascoltare il tuo corpo, i tuoi stati d’animo e a fare del momento del pasto un’occasione per prenderti cura di te e del bambino che hai dentro. Arrivare alla guarigione può richiedere molto tempo e molto lavoro, ma è possibile!!!!
BIBLIOGRAFIA
APA (American Psychiatric Association). (2015). DSM-5. Raffaello Cortina Editore: Milano.
Kouba, S. et al. (2005). Pregnancy and neonatal outcomes in women with eating disorders. Obstet gynecol., 105:255-260.