“E se cado dal filo dell’equilibrio che succede?”
Perfezionismo
Nella vita di tutti i giorni ci capita di incontrare o sentir parlare di persone precise, attente ai dettagli, meticolose nel completare un compito o semplicemente un’azione quotidiana. Tutto deve essere fatto con il fiocchetto.
Ma cosa c’è dietro questa costante e continua ricerca della perfezione?
Potrebbe sembrare una ricerca del bello. L’attenzione si sposta su cosa appare. E se faccio qualcosa di bello allora posso essere apprezzato, ammirato ma soprattutto amato.
Molto spesso questi comportamenti celano una ricerca di approvazione. Chi li mette in essere vive con un costante senso di incompletezza, un macigno che pesa sul dorso, sulla testa e soprattutto nella mente.
Fanno capolino pensieri intrusivi di tipo, “se, allora”. Pensiamo un po’ a come è difficile e davvero pesante pesare ogni azione, ogni frase da dire, anche la più semplice e spontanea.
Ecco, la spontaneità dell’espressione emotiva è soffocata, mortificata da un giudizio superiore che non permette di essere ciò che vorrei essere, ma devo necessariamente apparire per come non sono ma per come gli altri penso che mi vogliano vedere. Questo perché solo così posso sentirmi amato.
E’ un concetto laborioso, concatenato, ma che esprime in pieno il peso che ogni giorno una persona può vivere prima di arrivare all’osservazione clinica perché tutto diventa egodistonico e fortemente stressante. Vivere costantemente un forte senso di angoscia e di ansia che anticipa ogni azione o pensiero prima che esso possa essere attuato o completato.
Emozione principale: l’ansia anticipatoria
E’ proprio l’ansia quella che costella i comportamenti orientati alla ricerca della perfezione. L’ansia anticipatoria fa vivere costantemente sul filo del rasoio, sul bordo di un precipizio da quale poter cadere da un momento all’altro. Si presenta prima di ogni azione, ogni prestazione, ma soprattutto alimenta i pensieri intrusivi come in un circolo vizioso che a sua volta alimenta l’ansia stessa. Come portare in mano una valigia piena per un tempo indefinito. Il braccio si intorpidisce fino ad arrivare ad un blocco completo di tutti i muscoli del corpo.
Ansia di minaccia alla propria incolumità se ciò che devo fare non è perfetto, secondo la perfezione che ognuno ricerca, quindi soggettiva.
E’ chiaro che tutto ciò cela un bisogno insoddisfatto di amore e accettazione.
Bisogni di base
E’ come se una vocina dentro la mente giudicasse ogni pensiero ed ogni comportamento.
Quella vocina non è altro che il Genitore Esigente interiorizzato dal bambino e poi dall’adulto.
Il mode Genitore Esigente pretende che il bambino soddisfi aspettative eccessive per il bambino stesso e quindi non realistiche. Il bambino cresce quindi con la rappresentazione mentale che essere perfetti è “giusto”, mentre dare spazio alla spontaneità o fallire è “sbagliato”.
Queste aspettative, se non soddisfatte, non raggiungono delle vere e proprie punizioni ma ne consegue il “non essere abbastanza”, “non essere amato”. Di fronte quindi ad un fallimento, il bambino si sente mortificato per aver deluso le aspettative del genitore.
Questo bambino diventerà un adulto che cercherà continuamente di essere perfetto e si adopererà per fare scelte che dovranno necessariamente essere “giuste” e non potrà fallire mai.
Pensiamo al peso emotivo, quindi di crescere con questo fardello sul collo. Rispondere adeguatamente a tutte le aspettative. Dalla scelta della scuola, ai risultati universitari o lavorativi, al guadagno (che solitamente dovrà essere abbastanza elevato), alla scelta del partner, alle scelte di vita in generale.
E allora come rompere questo circolo vizioso prima che diventi sofferenza personale e quindi psicopatologia?
Abbiamo mai chiesto se i nostri figli possono fallire?
Si, fallire.
Insegnare che si può fallire e che l’amore viene donato e ricevuto a prescindere dai risultati. Si ama e si è amati perché siamo persone e non obiettivi raggiunti.
Provare una strada alternativa
Non esiste solo la strada dell’essere perfetto a tutti i costi. Esistono tante strade da percorrere nella vita. L’importante è scegliere la strada che ci porta alla felicità interiore e cambiarla nel nostro percorso di vita se non ci soddisfa più. Avere il coraggio di ascoltare i propri bisogni interiori e quindi imparare ad esternali. A non aver paura che una aspettativa mancata o un obiettivo non raggiunto secondo i canoni insegnati diventi mortificazione e annullamento della propria identità.
E’ sempre il momento per iniziare a porsi delle domande. Ma io sono felice su questa strada? E se ci fossero percorsi alternativi?
Iniziare un percorso di psicoterapia può aiutare a riconoscere innanzitutto le proprie difficoltà, permetterci di spostarci da un punto fermo che non ci da più la visuale del presente e del futuro e cambiare traiettoria cambiando noi stessi.
Bibliografia
Favaretti S. , Psychodynamic Charateristics of obsessive neuroses. Consideration on clinical cases, Riv Med Aeronaut Spaz. 1977; Jul-Dec 40 (3-4): 349-71
Young J., Klosko J., Weishaar M., Schema Therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità, Eclipsi Editore, Firenze, 2007