La sindrome da affaticamento cronico è una patologia di recente definizione, tale per cui non si riesce a ben collocare in un ambito nosologico pertinente. Questo comporta che tale malattia venga varie volte identificata in diversi contesti clinici, che vanno dalla psichiatria, alle malattie immuno-reumatologiche e infine a quelle infettive.
Questa difficoltà a riconoscere e ad identificare in maniera tempestiva una patologia in cui predomina la stanchezza, fa sì che ci siano ritardi nella diagnosi e di conseguenza dei disagi nelle persone che ne soffrono, lamentando per anni un basso livello di qualità della vita.
- Che cos’è la sindrome da affaticamento cronico?
La Sindrome da Affaticamento Cronico detta anche Encefalomielite Mialgica come già detto è un tipo di patologia non ancora ben definita nei suoi aspetti clinici e di eziopatogenesi. Tutte le società scientifiche internazionali la riconoscono come condizione patologica ma, nonostante ciò, molti clinici e scienziati ancora sono titubanti sulla sua esistenza.
- Sindrome da affaticamento cronico: i sintomi e i segnali
Il sintomo principale è rappresentato dalla stanchezza cronica, che si presenta in maniera inspiegabile ed invalidante. La sintomatologia di questa stanchezza cronica varia molto per severità ed intensità. Tende ad esordire in soggetti giovani e adulti (età media 33 anni), con un maggior prevalenza nel genere femminile. Altri segnali prevalenti sono:
- Malessere post sforzo e disfunzione del metabolismo energetico: nei soggetti con Sindrome da Affaticamento Cronico, non giovano di un benessere dall’esercizio fisico con miglioramento della fatica, del dolore, della cognizione e dell’umore.
- Sonno non ristoratore: problemi principalmente riscontrati nell’addormentarsi o a rimanere addormentati. Seppur trattati questi disturbi del sonno, i pazienti con Sindrome da Affaticamento Cronico accusano stanchezza al risveglio.
- Disturbi cognitivi: viene riscontrato spesso un senso di confusione, un certo disorientamento, nebbia mentale e difficoltà a concentrarsi e rimanere focalizzati su qualcosa. Tutto questo porta a problemi nel prendere decisioni e sensazioni di smemoratezza.
- Sindrome da affaticamento cronico: le cause
Le cause spesso possono essere di natura infettiva, immunitaria e neuroendocrina. Sulla prima e seconda ipotesi, si è visto come la Sindrome da Affaticamento Cronico possa seguire una malattia infettiva, anche se non è ancora del tutto chiaro se sia una conseguenza ad un’infezione o il riflesso di un sistema immunitario malfunzionante. Altri studi si concentrano su un’origine di tipo neuro-endocrina: tipica di pazienti affetti da patologie croniche come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, alcuni disturbi psichiatrici, l’ictus ed il cancro. In linea di massima, sono diverse le cause ascrivibili a questa sindrome, molte sono in via di studio e di definizione, per arrivare ad un quadro completo quanto prima.
- Come superare la sindrome da affaticamento cronico
La maggior parte degli studi effettuati finora concordano nel descrivere la Sindrome da Affaticamento Cronico come una malattia eterogenea, dovuta a molti fattori, che interagiscono fra di loro fino a dare il quadro sopra descritto. Proprio a causa di questo quadro multivariato, nel trattamento vanno presi in considerazione sia trattamenti di tipo farmacologico che di tipo psicologico/psicoterapeutico. Escludere una delle due componenti, se può portare dei vantaggi a breve termine, rischia di privare il paziente di un trattamento personalizzato ed integrato.
- Come migliorare la sindrome da affaticamento cronico con la terapia psicologica
La Sindrome da Affaticamento Cronico si presenta molte volte in comorbilità con molte patologie psichiatriche, che, tante volte, non vengono diagnosticate o diagnosticate in maniera errata. La difficoltà nella diagnosi dei disturbi psichiatrici correlati a questa sindrome, va spiegata anche dalla somiglianza di molti sintomi in comune (per esempio i sintomi neurovegetativi presenti nei Disturbi Ansiosi e nei Disturbi Depressivi, o alcuni aspetti cognitivi come la difficoltà di concentrazione o problemi di memoria nei Disturbi dell’Umore). Le linee guida suggeriscono una diagnosi e un trattamento dei disturbi psichiatrici correlati a questa sindrome in modo da migliorare la prognosi a lungo termine e soprattutto la qualità della vita. Attualmente, ci sono pochi studi pubblicati sull’uso di trattamenti psicoterapici. Uno degli studi riguarda l’utilizzo di un trattamento cognitivo comportamentale (CBT), il quale ha dimostrato un miglioramento delle condizioni psichiche dei pazienti indipendentemente dalla presenza o meno di patologie psichiatriche associate. Purtroppo, nessun effetto è stato invece osservato per quanto riguarda la sintomatologia somatica. Un altro tipo di approccio che potrebbe essere adoperato in terapia, che solitamente viene utilizzato per il trattamento del dolore cronico è la terapia basata sulla mindfulness. Attualmente non ci sono ancora studi riguardo all’efficacia di questa tecnica per questo tipo di sindrome. C’è da dire, però, che questo tipo di tecnica può aiutare i pazienti a concentrarsi sul momento presente e quindi intervenire sul pacing cognitivo, ovvero su un tipo di approccio non farmacologico, che aiuterebbe a limitare la fatica, focalizzandosi su un’informazione alla volta.
Conclusione
Per molti decenni, la cura dei pazienti con Sindrome da Affaticamento Cronico è stata influenzata in maniera negativa dalla mancanza di conoscenze accurate e aggiornate tra gli operatori sanitari. Tutto ciò ha portato spesso ad un’incertezza su come valutare i pazienti e su cosa poter fare dopo la diagnosi. Questa necessità è diventata ancor più urgente, dal momento che molti pazienti che hanno avuto il COVID-19 continuano a sviluppare, come effetti long-covid, la sindrome di Affaticamento Cronico. La cronicità in questa condizione medica non dà risposte immediate ed esaustive uniche sugli esiti della malattia, molto dipende dall’approccio integrato e dalla posizione di positività degli operatori del settore, da trasmettere al paziente nell’affrontare questa sindrome.