La paura di volare, denominata aerofobia o aviofobia, è molto diffusa.
Alcune statistiche indicano che è il 20% della popolazione a soffrirne, ma se si prendono in considerazione (oltre agli evitanti) anche coloro che volano solo se strettamente necessario e coloro che volano, anche spesso, ma sempre con un’ ansia di sottofondo che pregiudica la qualità del loro volo, la percentuale sale fino al 53%.
Il problema diventa invalidante soprattutto per chi risiede su un’isola, limitando libertà personali e possibilità di scelta e pregiudicando, conseguentemente, la qualitità della vita.
La paura di volare colpisce tutte le età anche se pare essere meno diffusa nei bambini probabilmente per la loro capacità di essere concentrati nel qui ed ora senza proiettarsi in possibili catastrofici scenari futuri. Inoltre pare che siano soprattutto le donne a soffrirne, ma in realtà non possiamo escludere che, per questioni culturali, gli uomini siano solamente più restii ad ammettere le loro paure.
Gli aerofobici si possono suddividere di due principali categorie:
-coloro che hanno paura dell’incidente
-coloro che hanno paura delle proprie sensazioni.
Questa fobia può presentarsi anche come sintomo di un quadro clinico più complesso come nel caso del Disturbo di Attacchi di Panico ( con o senza agorafobia ), oppure può coincidere con la claustrofobia laddove la paura del soggetto è fondamentalmente quella di trovarsi chiuso nellospazio angusto dell’aereo.
Perchè insorge l’aereofobia ?
Le motivazioni che hanno permesso alla paura di volare di attecchire vanno ricercate nella nostra mente, nel nostro carattere, nella nostra personalità.
L’aereo in realtà ha ben poco a che fare con la paura di volare: la paura di volare è nella testa e non nell’aereo.
Nell’insediarsi delle fobie è molto importante è l’imprinting avuto nel periodo infantile ed in particolare nell’età compresa tra i 3 e i 5 anni. In quella fase le esperienze vissute divengono fondamentali nel forgiale la nostra personalità e il nostro modo di percepire noi e il mondo.
Il bambino iperprotetto e bloccato nella sua esplorazione in vista di presunti rischi, diventerà un adulto che si sentirà inadeguato ad affrontare qualunque novità e necessiterà sempre di avere accanto una figura delegata alla gestione delle sue emozioni. Inoltre interpreterà il mondo come pericoloso.
Il bambino che in un momento di dolore o difficoltà, anziché essere consolato, sarà additato come causa del suo male oppure dovrà gestire le conseguenti ansie genitoriali, apprenderà ben presto che è più funzionale cavarsela da solo diventando ipercontrollante.
L’aereo è un mezzo di trasporto che conduce molto velocemente in località diverse, dove sarà necessario ricostruirsi punti di rifermento, ma è al tempo stesso un mezzo costrittivo perchè chiuso e stretto e su cui il passeggero non può esercitare il benchè minimo controllo.
Dunque per motivi differenti, se non quasi diametralmente opposti, sia colui che è stato un bimbo iperprotetto, sia colui che ha sviluppato la tendenza ad essere accentratore di controllo, potranno sviluppare paura dell’aereo…non tanto dell’aereo in se ma di alcune sue caratteristiche che lo rendono indigesto a codeste personalità.
Due modelli a confronto: Terapia cognitivo-comportamentale e Terapia strategica.
Due approcci terapeutici che si son rivelati particolarmente efficaci nel trattamento di questa fobia sono l’approccio cognitivo comportamentale e quello strategico.
Il primo ritiene che le nostre emozioni (comprese quelle disfunzionali) derivino dai nostri pensieri e che la paura sia conseguente ad una attribuzione di pericolo associata ad un determinato oggetto o ad una determinata situazione. Questo tipo di terapia agisce pertanto sia a livello cognitivo (mirando a modificare la lettura della realtà) sia a livello comportamentale con dei protocolli che mirano all’ “abituazione” mediante la procedura della desensibilizzazione sistematica, ovvero di graduale esposizione all’oggetto temuto.
La terapia strategica invece tratta le fobie a partire dall’analisi del funzionamento del paziente e delle tentate soluzioni che esso mette in atto nella speranza di risolvere il problema.
Le tentate soluzioni poste in atto ingenuamente dall’individuo, infatti, diventano parte integrante dell’ingranaggio fobico stesso e paradossalmente hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento del problema.
Interrompendo le tentate soluzioni disfunzionali (evitamento, ricerca di rassicurazione, controllo delle proprie emozioni) si accompagna il paziente ad affrontare la situazione temuta mediante l’utilizzo di stategie mirate e generando esperienze emozionali correttive. Solo successivamente alla luce della nuova esperienza avverrà una rielaborazione anche di tipo cognitivo.
Affrontare la problematica dell’aerofobia con una psicoterapia è una buona scelta che permetterà di eplorare cosa c’è alla radice della propria paura di volare e di rompere le barriere che limitano la conoscenza di mondi diversi.
Evangelisti, L., MAI PIU’ PAURA DI VOLARE, Universale Economica Feltrinelli, 2008
Nardone, G., LA TERAPIA PER GLI ATTACCHI DI PANICO, Ponte alle Grazie, 2016