“ESSERE – SÉ – STESSI”

A. :

A. è un ragazzo adolescente, chiede ai genitori di poter iniziare un percorso di Psicoterapia.

Arriva in studio carico della sua “stanchezza”, una fatica esistenziale causata dal “sentire troppo”, dal sentire di essere spesso fuori posto, fuori contesto, non adatto e non compreso.

A. ha imparato ad abbassare la soglia del suo “sentire troppo” attraverso il meccanismo della Intellettualizzazione, un costante Pensare, anch’esso stancante quanto salvifico.

Tuttavia un imprevisto e improvviso problema fisico ha obbligato mesi prima A. a rallentare il suo processo di pensiero, a prendersi una piccola pausa e ricontattare quel sentire tanto temuto.

Adesso vuol comunicare, parlare, raccontare, integrare il sentimento ed il pensiero.

A. è una persona, è questo il concetto clinico – diagnostico su cui ci soffermeremo: A. è una persona.

Approccio Umanistico Esistenziale:

La cornice teorica entro la quale mi muovo si chiama Psicologia Umanistica Esistenziale, al centro c’è la persona osservata nella sua interezza, un organismo capace di autoregolarsi e di giungere alla propria autorealizzazione.

Ecco che i meccanismi difensivi di A. non solo altro che il risultato della sua capacità di adattamento, sono anzi il miglior adattamento che egli poteva realizzare, in quel momento, in quel contesto e con le risorse a sua disposizione.

La terapia diventa dunque un processo che accompagna al potenziamento di ulteriori e più funzionali risorse, adattamenti, strategie comportamentali.

Il compito del professionista è di imparare a osservare il mondo con gli occhi del paziente, affiancandolo nella scoperta graduale delle risorse che possiede già dentro sé.

Il focus non è il sintomo ma la persona, unica e irripetibile, la quale è dunque molto più dei singoli sintomi che può manifestare.

Essere sé stessi:

Nel processo di costruzione della alleanza terapeutica ho cercato di comprendere quali fossero le variabili stressogene e ansiogene ostacolanti la socialità di A., ed ho scoperto che egli era andato ben oltre (in termini adattivi) la presenza di tratti diagnostici limitanti la sfera della socialità, A. infatti ha il suo gruppo di amici, le sue passioni, i suoi interessi, coltivati con amore e presenza, nonostante la “stanchezza e fatica”.

Non riesce invece a superare la fobia scolastica, intellettualizzando la descrizione di quel contesto come pieno di elementi malfunzionanti a lui insopportabili.

A. è pigro? È incapace di adattabilità? Di tolleranza dello stress e frustrazione? No, A. sta cercando a modo suo di difendersi da un rischio, o meglio, da qualcosa che avverte come rischioso: “risultare imperfetto” da una parte, “sentire troppo” dall’altra, ed è in uno studio di Psicoterapia per scoprire se le sue risorse gli permetteranno di continuare a difendersi senza rinunciare ad una esperienza così preziosa come quella scolastica, per scoprire se poi ci si debba veramente difendere da quei rischi, per scoprire poi se si tratta realmente di rischi.

A. scopre sé stesso mentre parla delle sue difficoltà, non finge di essere altro da sé, i suoi discorsi e interessi sono molto distanti da quelli coltivati dalla maggior parte dei suoi coetanei, apprezza la filosofia e le influenze orientali, compone testi e musica, elabora un suo sistema di pensiero anticonvenzionale ed originale, scopre chi è, cosa gli piace, scopre i suoi atteggiamenti, i desideri, credenze e opinioni, scopre la sua scala valoriale, e nel mentre fa questo scopre che il funzionamento ansioso si sta ammorbidendo, riferisce che “questa settimana ho fatto cose che non avrei mai pensato di fare”.

Parliamo di cose su cui poco tempo prima non avremmo mai pensato di disquisire.

In questo articolo, sarebbe veramente servito descrivere le difficoltà di A. tramite etichetta diagnostica per sentire di conoscerlo?

“In sostanza respingo deliberatamente la nostra presente e troppo facile distinzione tra malattia e salute, almeno per quanto riguarda i sintomi superficiali.

Essere ammalati significa forse accusare sintomi? Ebbene, sostengo che la malattia può consistere nel non accusare alcun sintomo quando dovrei accusarlo.

E la salute, significa esser privi di sintomi? Lo nego. Quale dei nazisti ad Auschwitz o a Dachau era in buona salute? Quelli con la coscienza tormentata, o quelli la cui coscienza appariva loro chiara, limpida, serena? In quella condizione, una persona profondamente umana era possibile non avvertisse conflitto, sofferenza, depressione, furia e così via?

In un parola, se mi direte di avere un problema di personalità, prima di avervi conosciuto meglio non sarò affatto certo se dovrò dirvi “bene”! oppure “mi dispiace”.

– Abraham Maslow –

“Il curioso paradosso è che quando mi accetto per come sono, allora posso cambiare”.

– Carl Rogers –

“Sono io che non mi muovo o tu che ti allontani

e a pensarci bene in fondo noi due siamo estranei

però in questo mondo non c’è spazio per entrambi

quindi resterò me stesso senza farvi sazi

l’arroganza è una risorsa chiamateci ancora strani

la coscienza ora riposa come un passero sui rami

siamo quadri astratti ancora da iniziare

ma quando starò male mi ricorderò chi sono”.

A. –

Bibliografia:

Maslow Abraham H. (1973), Motivazione e personalità.

Rogers C. (2007), La terapia centrata sul cliente.

Rogers C., Russell David E. (2015), Carl Rogers. Un rivoluzionario silenzioso. Lo psicoterapeuta centrato sulla persona che rivoluzionò la psicologia.

Mario Mastropaolo, Maria Rita Parisi (2014), Manifesto della psicologia umanistica ed esistenziale.

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