BULIMIA NERVOSA: Quando il valore personale dipende dal controllo del cibo e del proprio corpo.

“Il cibo rappresenta la mia valvola di sfogo”

“Mangiare è l’unico modo per smettere di pensare”

“Controllare il corpo ed il cibo mi fa sentire più tranquilla/o”

Queste sono solo alcune delle frasi che mi capita di sentire spesso durante la mia pratica clinica. Probabilmente in poche forme di disturbi psichici, come in quella dei disturbi alimentari, le sofferenze legate alla mente finiscono per riversarsi sul corpo in modo diretto e malsano. E’ questo il caso dell’anoressia nervosa, del disturbo da abbuffate (approfonditi in articoli precedenti), della bulimia nervosa e di altri disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificato.

Ma cos’è la bulimia nervosa?

La Bulimia Nervosa è un “disturbo psichico caratterizzato da un’eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme corporee e dalla conseguente tendenza a esercitare un eccessivo controllo di queste caratteristiche in modo disregolato”.   

La bulimia nervosa, secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) presenta 3 caratteristiche:

  1. Eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso e autovalutazione centrata sul controllo di queste caratteristiche;
  2. Abbuffate ricorrenti (un’abbuffata è un episodio di alimentazione durante il quale viene ingerita una quantità di cibo oggettivamente grande): il soggetto sperimenta durante questo episodio un senso di perdita di controllo;
  3. Comportamento estremo nel controllo del peso (es: restrizione dietetica sostenuta, ricorrenti episodi di vomito autoindotto, uso improprio di lassativi).    

La Bulimia viene spesso definita una malattia silente e nascosta poiché rispetto all’anoressia, non presenta come criterio diagnostico il sottopeso. Al contrario, la persona bulimica è in genere normopeso ed attua dei rituali conseguenti all’abbuffata, lontano dallo sguardo degli altri.

L’abbuffata ed i comportamenti compensatori rappresentano dunque le caratteristiche principali della bulimia, ma quali sono i comportamenti tipici di una persona bulimica?

Di fronte a tale disturbo, dunque, la domanda che sorge spontanea è: qual è la funzione delle abbuffate e del vomito autoindotto per la persona bulimica?

La persona bulimica tende ad usare il vomito con l’obiettivo di tenere meglio sotto controllo la propria vita e alleviare il disagio psicologico. Alla base di tale disagio vi è una difficoltà a tollerare le emozioni negative che vengono “anestetizzate” attraverso le abbuffate, sperimentando uno stato di apparente sollievo. Tale comportamento dà vita ad un circolo vizioso: sopprimere le emozioni attraverso il cibo diventa il modus operandi della persona bulimica, a cui seguiranno senso di colpa, disgusto e terrore di ingrassare. Tutte queste emozioni spiacevoli innescheranno così l’abbuffata successiva.

Alla base di comportamenti disfunzionali di questo tipo, vi sono ovviamente dei pensieri altrettanto disfunzionali come ad esempio il perfezionismo, il pensiero dicotomico e la scarsa autostima. Partendo dal concetto di perfezionismo e di bassa autostima, la persona bulimica tende ad attribuirsi valore mediante il mantenimento ossessivo di un regime calorico restrittivo: tuttavia, a volte si concede delle “trasgressioni” (abbuffate) che portano ad una perdita di controllo. Di conseguenza, cerca di rimediare (per es. mediante il vomito autoindotto o l’uso di lassativi) al fine di sopperire alla sensazione di essere grassa ed orribile agli occhi degli altri e recuperare il proprio valore personale che l’abbuffata le ha tolto.

Tuttavia, nonostante il controllo rigido ed ossessivo che consente di mantenere un normopeso, chi soffre di bulimia nervosa cerca di nascondere il suo problema dietro una facciata positiva. Pertanto agli occhi esterni tutto sembra funzionare perfettamente ed è questa la ragione per cui è difficile riconoscere e di conseguenza intervenire tempestivamente su questo disturbo.

Di fondamentale importanza è dunque l’intervento psicoterapeutico che, attraverso il lavoro sui pensieri e comportamenti disfunzionali, permette di rivedere il concetto di sé e del proprio valore a prescindere dalla propria immagine corporea.

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