Dottor Google chiami un dottore! Cybercondria: una nuova forma di ansia per la salute

Un mal di testa frequente, un dolore alla schiena che non passa, uno strano punto rosso sulla pelle e via con le ricerche su google. Un’abitudine diffusa e pericolosa, quella dell’autodiagnosi, che porta nei suoi casi estremi a una vera e propria condizione chiamata cybercondria, ovvero un’ipocondria dell’era digitale. Tale definizione deriva dalla fusione tra ipocondria, cioè quel disturbo afferente ai disturbi d’ansia, in cui l’oggetto della preoccupazione è il proprio stato di salute, e il prefisso cyber, che fa riferimento, appunto, all’interazione tra genere umano e computer.

Ma partiamo dalle basi: cosa si intende per ipocondria?

Cos’è l’ipocondria?

L’ipocondria -o disturbo da ansia di malattia, come definito nel DSM 5- è l’espressione di un’eccessiva e pervasiva preoccupazione di avere una patologia seria ed invalidante, il cui esito è per lo più nefasto, come conseguenza di un processo di errato ragionamento: la persona ipocondriaca interpreta sensazioni e sintomi somatici spesso di per sé benigni, come indice di malattia. Tutto questo rende il disturbo da ansia di malattia una patologia cronica e invalidante, con conseguenze rilevanti sia a livello personale –come lo sviluppo o il rinforzo di una percezione di sé come persona debole, fragile, vulnerabile alle malattie e incapace di gestire le emozioni esagerate che da questa condizione derivano- sia a livello relazionale –soprattutto in termini di qualità delle relazioni, influenzate da questo continuo bisogno di essere rassicurati.

Sintomi dell’ipocondria

Nell’ipocondria, la preoccupazione può riguardare:

  • Le funzioni corporee (ritmo cardiaco, frequenza respiratoria, ecc.);
  • Alterazioni fisiche di lieve entità (piccole ferite, saltuarie allergie, ecc.);
  • Sensazioni fisiche vaghe, indistinte o confuse (“cuore affaticato”, “vene doloranti”, ecc).

Questi segni o sintomi vengono attribuiti alla malattia che la persona sospetta, generando grande preoccupazione riguardo il singolo organo o malattia, o riguardo numerosi apparati, in momenti diversi o simultaneamente.
La persona ipocondriaca, nel tentativo di placare l’ansia che deriva da una preoccupazione sui sintomi, mette in atto comportamenti eccessivi, come i controlli ripetuti del proprio corpo alla ricerca di segni di malattia o la continua richiesta di esami medici, oppure comportamenti di evitamento disadattivi, come per esempio il non presentarsi alle visite mediche.
La persona che soffre di ipocondria è anche molto sensibile alle informazioni legate alle malattie, si allarma facilmente se una persona cara si ammala o in conseguenza alla percezione di determinate sensazioni o eventi che riguardano il proprio corpo. L’immagine di sé del paziente con ipocondria è caratterizzata dalla assunzione di essere vulnerabile, debole e “facile alle malattie”. Spesso, questa immagine viene confermata dalle figure di riferimento del paziente, che mettono in pratica comportamenti iperprotettivi rinforzando l’idea di fragilità.

Ma l’aspetto che più di tutti contraddistingue l’ansia per la malattia (sia nella sua forma classica che in quella cyber) è l’inutilità delle rassicurazioni mediche, che o riducono il disagio solo temporaneamente o non funzionano affatto. Mancini (1998) propone un’ipotesi alla base di tale condizione che è dovuta al doppio livello al quale il problema dell’ipocondriaco si pone: ad un primo livello vi è il problema concernente la minaccia o la compromissione della propria salute, ma ad un metalivello vi è il problema di essere così tanto, troppo preoccupati per essa. I due livelli interagiscono nel senso che quanto più il soggetto si preoccupa per la sua salute maggiore e più frequente è il suo turbamento emotivo e di conseguenza egli stesso considera compromesso il suo scopo di essere una persona equilibrata. Allo stesso tempo, lo scopo principale che la persona ipocondriaca si pone è proprio quello di essere una persona forte, equilibrata, e non stravolta dall’ansia e dunque si impegna nel tentativo di risolvere la sua preoccupazione per la salute escludendo l’ipotesi di malattia, e questo impegno lo porta a investire le sue forze per confermare di non essere malato, e via da lì in un vortice di rassicurazioni invane e conferme di fragilità.

Nella cybercondria, tale spirale negativa risulta ancora più tormentata, poiché rafforza il pregiudizio confirmatorio, ovvero il rifiuto a considerare ipotesi più favorevoli e meno nefaste, riguardanti la propria salute. Ciò che il dottor Google non sa fare, cioè, è non fornire una diagnosi: è praticamente impossibile che alla ricerca di sintomi non corrisponda almeno una malattia rara o un tumore; e anche solo il fatto che esista la possibilità di una tale diagnosi, la rende reale, in una continua confusione tra rappresentazioni, paure e dato di realtà.

Possiamo quindi concludere che sarebbe meglio continuare a usare Google per cercare video divertenti e le nuove mete per le vacanze e lasciare il lavoro di dottore a chi ha studiato per farlo!

Bibliografia

Mancini, F. (1998). La mente ipocondriaca ed i suoi paradossi. Sistemi intelligenti, 10(1), 85-108.

Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014

https://www.istitutobeck.com/wp-content/uploads/2019/01/tesi-disturbo-dansia-di-malattia.pdf

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