Cos’è l’ansia?
Quante volte una situazione o un periodo ci hanno messo a dura prova? Ci sentiamo circondati da numerose emozioni differenti che non comprendiamo appieno ma ci turbano profondamente. In quel momento, la nostra unica certezza è che siamo in ansia. Ma cos’è in realtà l’ansia? L’ansia è un’emozione fisiologica così come altre emozioni (felicità, tristezza ecc). È la normale risposta del nostro organismo che si appresta ad affrontare una situazione o un pensiero, che avverte come “pericoloso”. Si ha la sensazione di essere vulnerabili, non al sicuro e spesso non riusciamo a capirne il motivo. Quando i nostri antenati si trovavano di fronte alla minaccia di animali feroci o altri individui, i cambiamenti che avvenivano nel loro corpo li preparavano alla lotta o alla fuga. Questi cambiamenti psico-biologici, dovevano essere repentini, in modo che il soggetto potesse rispondere in maniera rapida alla situazione. Al giorno d’oggi non viviamo più gli stessi pericoli, ma di fronte ad una situazione che temiamo, o che percepiamo come minacciosa, in noi si verificano gli stessi cambiamenti di allora. La risposta ansiosa ha un’intensità ben definita e variabile in base al contesto nel quale si manifesta. Ad esempio quando l’ansia è moderata, risulta utile in quanto, predisponendoci in un stato di allerta, intensifica le nostre prestazioni cognitive (attenzione, memoria) e fisiche. Può invece inficiare le nostre capacità psico-fisiche, quando la sua intensità è eccessiva rispetto alla situazione che stiamo vivendo, o la sua durata si protrae per lungo tempo. In tal caso, attueremo la strategia che ci permetterà di “saltare l’ostacolo ansia”, evitando la situazione o l’oggetto, poiché presuppone uno sforzo enorme che percepiamo come “pericoloso” (parlare in pubblico, sostenere un esame, stare in luoghi aperti e/o chiusi, ecc).
Differenza tra ansia e paura
Facciamo un po’ di chiarezza: l’ansia e la paura sono due emozioni molto simili, infatti sono codificate a livello cerebrale dalle stesse aree. Ricordiamo, però, che l’ansia è un’emozione soggettiva, che si manifesta quando si ha una percezione di pericolo rispetto a qualcosa che non è oggettivamente pericoloso (ad esempio parlare in pubblico o sostenere un esame); mentre la paura è una emozione primaria che si verifica come reazione a una minaccia specifica o a un oggetto realmente pericoloso (vedo improvvisamente un leone o sento un forte rumore). Entrambe le emozioni, sia l’ansia che la paura sono state strumenti fondamentali per la sopravvivenza della specie umana, poiché hanno preparato e preparano l’organismo a rispondere alle minacce e al pericolo.
Come si manifesta l’ansia?
L’ansia si manifesta in maniera diversa da persona a persona, ma in genere le sue caratteristiche sono:
- Pensieri che riconosco nel mio dialogo interno (“Farò una figuraccia, non sarò all’altezza, mi sentirò male …”)
- Emozioni negative (paura, timore, insicurezza)
- Sensazioni corporee sgradevoli (tensione muscolare, respirazione veloce, battito cardiaco accelerato, sudorazione, sensazioni di svenimento, vertigini, dolori addominali …)
- Comportamenti (agitazione, aumento/diminuzione appetito, evitamento di specifiche situazioni e/o luoghi…).
Aree cerebrali coinvolte
Ma cosa succede nel nostro cervello? Il talamo, in primis, svolge una funzione di collegamento primario tra i sistemi sensoriali (occhi, pelle, orecchie) e le aree sensoriali primarie della corteccia cerebrale. Quest’ultime, proiettano lo stimolo alle aree adiacenti associative, per l’elaborazione integrata dello stimolo (vedo le caratteristiche di un oggetto e integrandole fra loro comprendo di che oggetto si tratta).
L’amigdala, che riceve questo tipo di informazione sensoriale, è una sorta di archivio della memoria emotiva del cervello, che raccoglie tutti i momenti legati ad una specifica emozione (immagine di tristezza, speranza, felicità, paura ecc)
Nel momento in cui si sperimenta il pericolo, questa piccola ghiandola riesce a mettere il cervello in modalità “pericolo“, riducendo le risorse cognitive (memoria, linguaggio, calcolo ecc) e impiegandole in altre zone ritenute importanti per la sopravvivenza (cuore, muscoli degli arti inferiori e superiori). Questo è il motivo per il quale, nel momento in cui siamo in uno stato d’ansia, abbiamo difficoltà nello svolgere semplici compiti cognitivi e percepiamo soltanto la nostra attivazione a livello corporeo.
Possiamo riassumere l’attivazione dell’amigdala attraverso questi step:
- L’amigdala riceve l’informazione sensoriale, entra in modalità “pericolo“,
- Riduce le risorse cognitive (memoria, linguaggio, calcolo ecc) e impiegandole in altre zone ritenute importanti per la sopravvivenza (cuore, muscoli degli arti inferiori e superiori).
- Modula gli stati d’ansia, ed è implicata nella risposta emozionale, cognitiva ed endocrina allo stress
- Provoca, infine, un incremento della risposta neurovegetativa (aumento pressione arteriosa, frequenza cardiaca, disturbi gastrointestinali ecc)
L’amigdala rappresenta l’epicentro degli eventi coinvolti nella modulazione degli stati d’ansia, ed è implicata, come abbiamo visto, nella risposta emozionale, cognitiva ed endocrina allo stress. A questo punto, lo stimolo ansioso attiverà il lobo limbico e, di conseguenza, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene grazie al quale si attiva una cascata di eventi finalizzati all’incremento della risposta neurovegetativa, come l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della dilatazione bronchiale, sintomi viscerali, disturbi gastrointestinali e genito-urinari. Tutti questi cambiamenti avvengono grazie al rilascio di neurotrasmettitori, tra i quali l’adrenalina. Essa, genera la risposta a “U” capovolta, dove ad un aumento dell’ansia corrisponde necessariamente una sua diminuzione fisiologica. L’ansia ha quindi un andamento specifico: reagisce rapidamente, rallenta gradualmente. Quindi impiegherà più tempo a tornare allo “stato iniziale”.
Quali sono le cause dell’ansia patologica?
Come spesso accade, le cause sono multifattoriali. Da un lato, vi è una predisposizione genetica familiare ad essere ansiosi, la quale può essere influenzata da esperienze di apprendimento che ci portano a sovrastimare i pericoli ambientali. Inoltre, esperienze stressanti possono causare importanti cambiamenti nella propria vita (ad esempio perdita del lavoro, un trasferimento, un lutto, un incidente, la nascita di un figlio ecc). Questi fattori interagiscono tra di loro sulla base del nostro temperamento e costruendo la nostra struttura di personalità.
La ricerca scientifica ha dimostrato l’esistenza di una trasmissione familiare dei disturbi d’ansia, di una vulnerabilità genetica che porta, dunque, alla loro insorgenza. È stato, inoltre, dimostrato che le donne, rispetto agli uomini, sono maggiormente predisposte allo sviluppo di tali disturbi in quanto percepiscono con maggiore intensità le emozioni negative.
Ma quali sono le modalità che permettono di differenziare l’ansia fisiologica da quella patologica?
- Innanzitutto il soggetto valuta in modo erroneo le situazioni, vedendo una minaccia anche dove questa non corrisponde alla realtà osservata.
- Diversi ambiti di vita della persona risultano compromessi (sociale, lavorativo, scolastico ecc.)
- La persistenza nel tempo è prolungata e porta l’individuo a pensare anche a minacce di pericoli futuri senza avere prove che possano verificarsi. Si presenta una forte preoccupazione ad esempio, di rivivere nuovamente le sensazioni esperite durante l’ultimo attacco di panico, anche in assenza di reali stimoli minacciosi.
Possiamo notare come, quando l’ansia diventa un disturbo psicologico, ha notevoli ripercussioni sulla qualità della vita del soggetto. Quest’ultimo infatti, al fine di evitare l’ansia, adotterà la strategia di evitare le situazioni e le persone che lo spaventano, limitando notevolmente le proprie esperienze di vita, sociali, professionali e relazionali. Tale strategia risulterà chiaramente fallimentare.
Il Trattamento dell’ansia
I disturbid’ansia possono essere risolti attraverso il trattamento farmacologico (utilizzato nella fase acuta per alleviare la sintomatologia) e il trattamento psicologico (utilizzato per andare a modificare le dinamiche neuropsicologiche che hanno favorito e mantenuto l’ansia).
Il trattamento farmacologico è particolarmente efficace nella fase iniziale, ma non risolutivo. In quanto i disturbi d’ansia si ripresentano nuovamente quando viene interrotto. Il trattamento combinato con quello psicologico è invece risolutivo. Poiché non solo aiuta ad alleviare i sintomi iniziali, ma favorisce il soggetto a conoscere le dinamiche sottostanti e a risolverle, fornendo nuove strategie risolutive efficaci. Tra i trattamenti psicologici ritenuti più efficaci dalla Letteratura scientifica (“Cognitive behavioral therapy in anxiety disorders: current stata of the evidence”, Otte et al. Dialogues Clin Neuroscience. Dicembre 2011), vi è la Terapia Cognitivo Comportamentale, in quanto si è dimostrata la più valida nella cura dei disturbi d’ansia. Compito del terapeuta sarà quello di aiutare il paziente a conoscere e riconoscere l’ansia e la sua sintomatologia, favorendo l’insegnamento delle tecniche cognitivo-comportamentali per contrastarla (analisi dei pensieri disfunzionali, pratica graduale, referenting, distrazione, problem solving) ed eliminando strategie disfunzionali come l’evitamento. Verranno infine insegnate tecniche di rilassamento e di corretta respirazione, particolarmente efficaci per limitare l’impatto sgradevole delle sensazioni fisiche percepite dal soggetto.