“Riempire per non sentire”: cos’è il binge eating disorder? Conosciamolo insieme!

Il 15 Marzo si celebra la giornata del “Fiocchetto Lilla”, una data dedicata alla sensibilizzazione e prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare, disturbi ancora oggi molto sottovalutati ma sempre più in costante aumento. In questo articolo proveremo a conoscerli meglio soffermandoci, in particolar modo, su uno di essi. In un lavoro di qualche tempo fa, infatti, ho approfondito il tema dell’Anoressia nervosa. Oggi invece mi piacerebbe soffermarmi sul polo opposto, sul rovescio della stessa medaglia, ossia sul Binge Eating Disorder (BED), meglio conosciuto come disturbo da alimentazione incontrollata.

Definizione del binge eating disorder secondo il dsm-5

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali, il Binge Eating Disorder è un disturbo che si caratterizza per frequenti abbuffate, caratterizzate dall’assunzione di grandi quantitativi di cibo in un determinato lasso di tempo. Una evidente caratteristica delle abbuffate è la sensazione soggettiva di perdita del controllo ma vediamo più nello specifico quali sono gli altri criteri per definire tale disturbo:

  • sensazione di essere sgradevolmente pieni;
  • marcato disagio;
  • solitudine durante le abbuffate (a causa dell’imbarazzo);
  • disgusto, depressione o senso di colpa in seguito all’abbuffata;
  • l’abbuffata avviene anche se non ci si sente davvero affamati;

Esistono dei livelli di gravità per definire il BED?

La risposta è Sì. A seconda della frequenza con la quale si verifica l’abbuffata, si distinguono infatti, 4 livelli di gravità:

  • lieve: da 1 a 3 episodi di abbuffate a settimana ;
  • moderata: da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana;
  • grave: da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana;
  • estrema: 14 o più episodi di abbuffata a settimana;

Molto spesso il BED, viene confuso con un altro tipo di disturbo alimentare: la Bulimia nervosa (di cui parlerò nel prossimo articolo) ma ciò che li differenzia, oltre all’intensità e alla frequenza dell’abbuffata, è la mancanza di eliminazione (es vomito e/o purghe) o compensazione ( attività fisica eccessiva). Questa è la ragione per cui le persone affette da disturbo da alimentazione incontrollata tendono a raggiungere il sovrappeso o addirittura l’obesità, insieme a tutte le conseguenze negative sul piano della salute fisica oltre che psicologica.

QUANDO SI MANIFESTA IL BINGE-EATING DISORDER?

Recenti studi hanno evidenziato la presenza del BED anche in età infantile ma l’età di esordio sembra collocarsi, come tutti gli altri disturbi alimentari, nell’adolescenza. Ci sono tuttavia anche casi in cui tale disturbo si manifesta nell’età adulta. Tale variabilità pone l’accento su quanto questo disturbo alimentare sia strettamente correlato a fattori emotivi: queste persone presentano una difficoltà nel riconoscere i propri stati interni ed una incapacità nel differenziare le sensazioni fisiche dalle emozioni. Di fronte a queste difficoltà, la persona tende a rispondere con il cibo, unico modo per gestire il fiume in piena delle sue emozioni, incastrandosi così in un circolo vizioso : “emozione percepita come negativa o sgradevole- abbuffata- senso di colpa o umore deflesso”.

Aspetti cognitivi e comportamentali del binge eating disorder

Come accennato, il sintomo principale del BED è appunto l’abbuffata compulsiva che molto spesso avviene quando la persona resta da sola, senza che abbia necessariamente il senso della fame fisiologica per poi sperimentare, dopo l’abbuffata, senso di colpa e depressione per averlo fatto. Altro aspetto comportamentale di tale disturbo è il fallimento delle diete a cui ci si sottopone: l’aumento ponderale porta a rivolgersi inizialmente ad uno specialista ma trattandosi di un problema psicologico, legato appunto al bisogno di abbuffarsi per “anestetizzare” le emozioni negative, le diete risultano, nella maggior parte dei casi, fallimentari aumentando ancora di più i pensieri negativi su di sé.

Quale trattamento per il binge eating disorder?

Per le caratteristiche che presenta, tale disturbo richiede un tipo di trattamento multidisciplinare che curi la sfera medico-internistica, nutrizionale e psicologica. Partendo da una rieducazione nutrizionale che aiuti la persona a seguire un piano alimentare più sano e corretto, si persegue una rieducazione corporea ed emozionale che aiuti il paziente ad avere maggiore consapevolezza del proprio corpo. Con l’aiuto di tecniche sia cognitive che comportamentali, inoltre, si aiuta la persona ad individuare un distacco tra pensieri, emozioni e cibo al fine di aiutarla a non reprimere le proprie emozioni, a non “affogare” i pensieri negativi nel cibo ma, al contrario, riconoscerli e farli emergere in modo più funzionale.

BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta Edizione . DSM-5. Milano. Raffaello Cortina.

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