Genitorialita’ non empatica: le conseguenze sullo sviluppo del bambino.

La nascita di un figlio è un evento che modifica l’assetto familiare, il rapporto di coppia che prima era un rapporto a due ora deve rinnovare la propria identità, passando a quella genitoriale e le priorità dei genitori tendono a cambiare applicando un decentramento per focalizzarsi sui bisogni del piccolo. La nascita di un nuovo individuo inoltre richiama anche la necessità di rielaborare i rapporti e i confini con le famiglie di origine dei neo-genitori, divenendo un evento che coinvolge più generazioni e l’intera comunità. L’attesa di un figlio, ancora richiama dal passato i vissuti che entrambi i genitori hanno avuto a loro volta con i propri genitori. Qualora ci siano ancora eventi negativi della propria storia non ancora elaborati, essi potrebbero in questo momento riattualizzarsi e incidere su come viene vissuta la genitorialità. Quando si parla di fattori di rischio nella genitorialità si intende “quelle condizioni in cui la funzione genitoriale, nelle sue componenti fondamentali di cura e protezione dei figli è fortemente disturbata e influisce profondamente sulla qualità della relazione genitore-bambino” (Ammaniti, 2001). Di seguito vengono riportate alcune delle circostanze legate alla genitorialità che non predispongono ad uno sviluppo sano del bambino.
Il conflitto genitoriale potrebbe influenzare il disadattamento nel bambino che vi assiste, determinando alti livelli di angoscia e reattività. Spesso queste coppie conflittuali hanno alle spalle storie di genitori trascuranti e carenti nelle cure. Cosi come l’ingresso in famiglia di nuove persone porta a una riorganizzazione del nucleo, anche l’uscita e la rottura dei legami, come può derivare da separazioni o divorzi, richiama alla necessità di riformare i ruoli all’interno del nucleo. Quando la separazione non viene gestita adeguatamente dai genitori e soprattutto è carica di conflitti, i bambini più piccoli possono mostrare comportamenti regressivi, rabbia, pianti, mentre i bambini dai tre, quattro anni possono colpevolizzarsi o possono temere di perdere entrambi i genitori. Spesso accade che a questi bambini venga chiesto di schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra, o vengono genitorializzati per sostituire il genitore mancante. Possono comparire somatizzazioni per cercare di spostare l’attenzione su di sè, questo perché talvolta i genitori presi dai loro conflitti, tendono a sottovalutare i vissuti dei figli in queste situazioni così delicate.
I problema della tossicodipendenza delle madri a partire dalla gravidanza costituisce un altro fattore di rischio. La maggior parte delle volte parliamo di donne che appartengono a classi dal punto di vista sociale, economico e culturale basse, emarginate dalla società. Altre problematiche in stretto legame con la tossicodipendenza che caratterizzano queste donne sono la malnutrizione, lo scarso igiene, il rischio di infezioni, la psicopatologia e modelli di accudimento non efficaci. Gli effetti di questo stile di vita sul bambino hanno già inizio dalla gravidanza. Sono bambini che presentano ritardi nella crescita, sia dal punto di vista motorio che dal punto di vista socioemotivo. All’interno delle relazioni si mostrano irritabili, difficilmente consolabili, con scarsa regolazione e poco rispondenti agli stimoli visivi.
Nell’ambito della psicopatologia genitoriale in senso generale, gli effetti sui figli derivano dalla gravità e dalla cronicità della patologia, inoltre sono da considerare le innumerevoli varianti. Ad esempio la depressione conduce la madre, a causa del suo sentirsi impotente, poco energica a una scarsa capacità di entrare in relazione e a provare emozioni negative. Nelle interazioni faccia a faccia con i propri figli tende ad avere volti inespressivi e poco comunicativi, provocando nei figli disagio: essi cominciano a non guardare più la madre o a mettere in atto comportamenti per riportare su di se l’attenzione. Anche se non è possibile individuare effetti universali che si manifestano in ogni bambino, è stato comunque riscontrato un alto numero di stili di attaccamento insicuri tra madri depresse e i loro figli. Anche quando facciamo riferimento alla psicosi dei genitori, si intende un gruppo eterogeneo di psicosi che in base alle proprie caratteristiche può dar luogo a effetti differenti sui bambini. Non di rado le madri psicotiche non rispondono immediatamente ai segnali del piccolo, sono poco stimolanti, in quanto facendo fatica a percepirlo come persona con una mente separata, limitano la sua esplorazione e facilitano di conseguenza ritardi nella sfera motoria. Emergono talvolta comportamenti contraddittori, che vanno dall’evitamento all’ipercoinvolgimento nella relazione con il bambino, il quale entra in uno stato confusionale, non riuscendo, in questo modo, a prevedere il comportamento materno. In base alle evidenze cliniche, questi bambini possono presentare comportamenti psicotici simili a quelli del genitore, difficoltà di integrazione neurologica, disturbi dell’attenzione, mancanza di controllo e regolazione nell’ambito sociale e senza dubbio attaccamenti insicuri con il caregiver.
Ci riferiamo al maltrattamento come ulteriore fattore di rischio, pensando al ricorso nelle strategie di cura di trascuratezza, abuso sessuale e psicologico. Come si è visto anche per gli altri fattori di rischio è facile trovare in queste condizioni uno svantaggio sociale, isolamento dalla rete sociali e povertà. La trascuratezza fa riferimento a un’incapacità genitoriale a sopperire ai bisogni fisici e psicologici del bambino, quindi bisogni nutritivi, igienici e di vicinanza sensibile. L ‘abuso fisico può portare a danni a più livelli: oltre a lividi e fratture facilmente visibili anche conseguenze cerebrali con attacchi epilettici, problemi del linguaggio e della motricità, fino a una modificazione neurofisiologica, come una riduzione della serotonina nel cervello e un conseguente aumento di ormoni che eliciterebbero l’aggressività. Poiché le reazioni all’abuso sono molteplici, è possibile trovare bambini che tendono maggiormente alla depressione e alla tristezza, altri alla rabbia e altri ancora all’instabilità affettiva. Gli studi mostrano una prevalenza di attaccamento disorganizzato e la propensione a riproporre le stesse violenze subite anche su altre persone con cui si entra in relazione.
Si può concludere che l’immaturità che accompagna alla nascita i piccoli degli umani, rispetto ad altri animali rimanda alla necessità di elevate competenze genitoriali per garantire la loro sopravvivenza. Dunque a partire dai primordi della specie umana, in particolare le madri dovettero imparare a sintonizzarsi con i bisogni dei figli per interpretare i loro stati emotivi e i loro comportamenti, quindi erano le madri più empatiche ad assicurare la sopravvivenza dei figli e di rimando ai piccoli furono trasferite tali capacità di entrare in relazione con le figure di accudimento. Da un punto di vista evoluzionistico si è ipotizzato che siano sopravvissuti coloro che riuscivano a percepire le intenzioni altrui, in quanto ciò garantiva anche maggiori competenze nello stabilire rapporti con gli altri e nell’usufruire appunto del supporto sociale. Per tale motivo è importante sottolineare che anche se esistono basi neurobiologiche che guidano la genitorialità essa è profondamente influenzata dalle esperienze che avvengono nel contesto sociale, familiare e che incidono sulle capacità di accudimento. Questo fa anche chiarezza sulla rilevanza del supporto psicologico alla genitorialità che ha i seguenti obiettivi:

  • Aumentare la consapevolezza dei propri schemi relazioni acquisiti in seguito alle esperienze di figli avute con i propri genitori, elaborando eventuali vissuti traumatici;
  • Incrementare le abilità di mentalizzazione per riuscire a sintonizzarsi con i bisogni e le emozioni del proprio bambino.

Ammaniti M. (2001). Manuale di psicopatologia dell’infanzia. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Ammaniti M. – Gallese V. (2014). La nascita dell’intersoggettività. Lo sviluppo del se tra psicodinamica e neurobiologia. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Lester B.M. – Tronick E.Z. (1994). The effects of prenatal cocaine expousure and child outcome. In Infant Health  Journal, 15 (2).

Seifer R. – Dickstein S. (2000). Parental mental illness and infant development. In Zeannah C.H. (a cura di) Handbook of Infant Mental Health.

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