Il trauma dell’abbandono e la difficoltà di rielaborazione.
Le condizioni essenziali per un sano sviluppo psicofisico del bambino sono sicuramente la stabilità, la
continuità, la sicurezza, l’affidabilità di figure genitoriali amorevoli. La qualità delle cure genitoriali lascia
inevitabilmente un’impronta nella psiche di ogni essere umano; nei primi stadi dello sviluppo, infatti, il
bambino e la madre si presentano in simbiosi e il bambino non percepisce la madre come un qualcosa di distinto da sé. La madre prepara per il suo piccolo un ambiente relazionale e fisico che introduce una
gradualità tra il bambino e il mondo esterno. Il bambino viene da lei gradualmente accompagnato alla
scoperta di ciò che è separato da sé. All’interno di questo spazio relazionale sicuro, prevedibile e
accogliente, la madre garantisce al bambino una continuità che gli consentirà di porre le basi per il
raggiungimento delle fondamentali conquiste tra cui una personalità integrata, il senso di realtà, una
buona sicurezza e le capacità di aver fiducia, sperare e saper tollerare le frustrazioni.
Importanti funzioni materne guidano, inoltre, il formarsi delle prime costruzioni del pensiero infantile e la
capacità di rappresentazione degli eventi.
Il trauma che si verifica negli anni della prima infanzia, quando il bambino è ancora indifeso e impotente.
coglie un apparato psichico ancora immaturo e, conseguentemente, assume spesso la forma di
un’esperienza che il bambino ha sentito e vissuto sulla sua pelle senza poterla trasformare in pensiero e
quindi elaborarla. Quando questo accade, l’ esperienza traumatica resta priva di qualunque significato e il soggetto non riesce ad integrarla nella sua storia.
Anche qualora non vi siano ricordi coscienti, il trauma lascia delle tracce in profondità.
A precedere un’adozione, inoltre, frequenti sono le esperienze di maltrattamento, abuso o di subita
negligenza.
Le storie di vita e le situazioni, più o meno traumatiche, precedenti alla dichiarazione di adottabilità, sono
le più svariate, ma vi è una condizione comune a tutti i bambini adottati: la condizione di ABBANDONO
(reale o percepito). A questa esperienza non può essere attribuito un senso dal momento che viene a
mancare proprio la figura affettiva che avrebbe dovuto assolvere alla funzione di significazione degli
eventi incomprensibili. Più il trauma avviene in tenera età e meno il bambino avrà maturato gli strumenti
necessari per pensarlo e rielaborarlo. Il malessere generato da un evento restato “impensabile” si
esprimerà prevalentemente sul registro del concreto attraverso comportamenti apparentemente anomali.
Gran parte di questi agiti derivano dalla profonda ferita inferta all’ immagine di Sé. Infatti,
indipendentemente dalle reali cause che hanno scatenato l’abbandono, la percezione comune a questi
bambini, è quella di essere stati abbandonati e quindi rifiutati in quanto inadeguati, cattivi, sbagliati e non meritevoli di amore. Sulla base di tale rappresentazione di Sé si instaura un senso di precarietà che in
varie forme emerge nel comportamento manifesto dei bambini rivelando la sottostante paura e attesa di un nuovo abbandono. Prima di affidarsi alla nuova situazione familiare il bambino dovrà, quindi, mettere alla prova attraverso varie modalità l’affidabilità e la stabilità di quell’ambiente. E così il bambino provocatore, rifiutante e oppositivo e il bambino compiacente esprimono, con manifestazioni differenti, lo stesso senso di precarietà e la stessa richiesta (più o meno implicita) di conferme. Un comportamento apparentemente incomprensibile può allora acquisire un nuovo senso per i genitori: essi dovranno essere consapevoli di non essere i reali destinatari/bersagli di tali manifestazioni, ma di trovarsi dinnanzi alla richiesta di un’accettazione incondizionata.
Anche a distanza di anni, con un legame affettivo ormai consolidato, il senso di precarietà ed insicurezza
puo’ riemergere, magari in occasioni particolari (una vacanza, un cambiamento di routine,…) che possono
rievocare le antiche esperienze traumatiche. Proprio per questo e’ auspicabile che docenti, operatori e
tutte le figure che ruotano intorno al bambino (o al ragazzo), siano adeguatamente formate per saper
gestire gli aspetti emotivi e comportamentali nel migliore dei modi.
Il duplice lutto
Il soggetto adottato deve anche affrontare spesso un duplice lutto rivolto sia ai genitori biologici sia al
paese d’origine.
L’elaborazione della perdita dei genitori biologici, le cui rappresentazioni continueranno comunque a
esistere nel mondo fantastico del bambino, è in molti casi complicata da alcuni fattori:
• spesso i genitori non sono deceduti e questo può alimentare la fantasia che essi continuino a vivere
felicemente con altri fratelli che non sono stati abbandonati;
• altre volte sono presenti evanescenti promesse di ricongiungimento che comunicano al bambino la
sensazione di tradire i genitori biologici legandosi a quegli adottivi.
La perdita dei genitori biologici subita spesso senza un adeguato supporto, si somma alla perdita
dell’ambiente originario fatto di elementi vissuti, percepiti o solo sentiti, ma che in ogni caso fanno parte
del bagaglio del bambino.
La rinascita e l’importanza di un supporto psicologico.
Un irrinunciabile bisogno con cui il bambino adottivo si presenta ai suoi genitori e’ quello di essere
presente nella mente di un altro significativo. Le future mamme e i futuri papà, durante il lungo percorso
di attesa, cominceranno a preparare lo spazio fisico, mentale ed emotivo per quello che sarà il loro
bambino: è il periodo della gravidanza psicologica.
Dopo quello che può essere definito come un parto mentale, potrà iniziare a crearsi il vero legame di
reciproca appartenenza. In questo contesto gli atteggiamenti regressivi messi in atto dal bambino,
indipendentemente dalla sua età, hanno un carattere evolutivo e si inseriscono nel percorso che il bambino intraprende per diventare figlio di quei genitori che prima non c’erano.
I neo-genitori andranno guidati a costruire una nuova relazione genitore-figlio sapendo quanto sarà
faticoso recuperare quella fiducia inevitabilmente compromessa rispetto alle figure genitoriali. Le nuove
importanti esperienze con i genitori adottivi dovranno essere indirizzate a promuovere una discontinuità
rispetto alle precedenti rappresentazioni dell’altro-adulto e quindi una possibilità di recuperare quella
fiducia persa rispetto alle figure genitoriali.
Essere condotti nella costruzione di una storia coerente e attinente alla realtà, rappresenta per i bambini
adottivi una grande fonte di resilienza. La narrabilità rispetto ai traumi subiti, all’abbandono e al dolore
che ne è conseguito, sarà dunque fondamentale all’interno della famiglia adottiva.
Per questo motivo e’ fondamentale, per genitori e figli, essere sostenuti psicologicamente in questo
percorso di ricostruzione della storia familiare per il buon esito dell’adozione stessa.
E’ dall’ incontro di due diversità, che si accolgono e divengono risorsa l’una per l’altra, che inizierà un
intenso lavoro comune di ricucitura, trasformazione e scoperta di antichi e nuovi significati: sarà possibile
quindi co-costruire una storia condivisa che accoglie e partecipa al dolore, anche quello che non si può
esprimere a parole e a cui non possono essere date risposte.