INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PSICOTERAPIA DI QUARTA GENERAZIONE

Il “terzo digitale” nella terapia

Nella cultura clinica siamo poco orientati ad accogliere qualcosa che è ben lontana da caratteristiche umane o empatiche ma soprattutto relazionali. 

Pensiamo appunto alla psicologia che ha le proprie radici nella relazione empatica prima ancora delle tecniche terapeutiche. 

La psicoterapia è stata forse l’ultima delle professioni sanitarie ad integrare gli strumenti informatici nella pratica clinica proprio perché i maggiori Test clinici vengono ancora somministrati e interpretati “carta e matita”.

Ma un aspetto forse può legare insieme due mondi che finora hanno viaggiato su due binari paralleli: il linguaggio.

Può un terzo digitale sostituire il linguaggio umano? 

Dipende cosa intendiamo per sostituzione del linguaggio umano.

Eppure proprio dal linguaggio partono gli studi dell’AI (Artificial Intelligence) da implementare nel campo della salute mentale.

Vediamo quali sono i vantaggi di questo incontro evolutivo nel campo psicoterapeutico.

La prima edizione della Conferenza sulla Psicologia Digitale organizzata dalla Sigmund Freud University di Milano nel 2021 ha dato esito positivo tanto da organizzarne una seconda edizione a marzo del 2024.

Questo per sottolineare quanto gli studi sul tema dell’AI nel campo della psicologia è sotto i riflettori mondiali e ci sarà un incremento notevole e fondamentale che andrà a rivoluzionare il campo della salute mentale in generale e non solo della psicoterapia.

Infatti, sappiamo bene che ciò che cura prima di ogni tecnica terapeutica è la relazione umana che si esprime con il linguaggio. 

I nuovi programmi che sono attualmente integrati in psicoterapia con l’AI generativa, come ad esempio Woebot, Wysa, Youper e Sonia vengono implementati proprio sul perfezionamento linguistico in grado di trascrivere automaticamente estratti di sedute ma non solo. Gli studi di AI generativa stanno elaborando nuovi processi di coding per andare a “leggere” le espressioni facciali e da qui rimandare al processo emotivo sottostante. Quindi l’AI può essere utilizzata proprio per il riconoscimento di pattern emotivi.

Il riconoscimento automatico delle espressioni facciali si concentra sullo sviluppo di algoritmi e sistemi in grado di identificare e analizzare accuratamente le espressioni facciali da immagini e video.

Questi modelli possono essere introdotti sia in ambito psicodiagnostico (ad es. valutazioni dei test sulla depressione o stress lavoro correlato), sia in ambito formativo (ad es. valutare la curva di apprendimento degli studenti attraverso la rilevazione del coinvolgimento cognitivo ed emotivo), sia in ambito psicoterapeutico (ad es. valutare il progresso della terapia attraverso il cambiamento delle reazioni ansiose a stimoli prima percepiti come stressogeni).

AI in azione

Ci sono ulteriori strumenti che si possono utilizzare in terapia che sono molto simili ai visori in 3D e che hanno un costo ormai commerciale sicuramente più basso rispetto ai comuni test clinici “carta-matita”.

Facciamo un esempio. Un paziente con una fobia specifica come può essere la “cinofobia” (letteralmente la fobia dei canupedi o più semplicemente “la paura dei cani”) può accedere a nuove prospettive di fronteggiamento e superamento sicuramente più agevoli rispetto al passato.

Quante persone hanno questa fobia e ci convivono attraverso tecniche di evitamento che limitano fortemente la vita sociale. 

Aiutare il paziente a superare questa fobia è fondamentale visto che incontrare un cane alle nostre latitudini è pressochè quotidiano.

Utilizzando le tecniche CBT (cognitivo-comportamentali) possiamo utilizzare la tecnica dell’esposizione o della desensibilizzazione sistematica. 

Ecco, se prima potevamo uscire con il paziente e accompagnarlo in situazioni di vita quotidiana oppure utilizzare stimoli visivi solo con l’ utilizzo della stimolazione visiva di immagini proiettate da un computer, adesso grazie ai visori possiamo far esperire quella realtà al paziente direttamente dalla stanza terapeutica ma anche assegnarlo come homework. 

Il paziente si può immergere nell’esperienza da qualunque luogo. 

Questa è una vera conquista perché riduce le tempistiche di spostamento, i costi non solo economici ma soprattutto emotivi che prima potevano allontanare dalla decisione di affrontare il disagio: se lo posso fare più facilmente allora forse è arrivato il momento di cominciare e vivere la mia vita al meglio, senza più paure!!!

Limiti e prospettive future

L’AI generativa può implementare il lavoro clinico ma non sostituirlo. Capiamo bene che il linguaggio può essere affinato in modo brillante dai nuovi robot di analisi dei dati: possono trascrivere, tradurre, interpretare….ma non possono sostituire la componente umana. 

L’empatia, il pensiero critico, le scelte terapeutiche, la gestione delle emergenze…bhè sono tutti fattori umani insostituibili.

Gli obiettivi futuri saranno quelli di ampliare e velocizzare i risultati che un essere umano non può fare per motivi proprio tempistici (pensiamo alle grandi cliniche pubbliche e private con una notevole affluenza di utenti) , sia avvicinare tutti alla possibilità di cura in tempi brevi e con tempistiche ridotte in termine di raggiungimento dei risultati.

Quindi i due mondi si possono incontrare e integrare benissimo ma nessuno può sostituirsi all’altro. Ecco perché l’AI sarà sempre un terzo digitale in una relazione terapeutica vis-a-vis.

BIBLIOGRAFIA

Lin, B., Bouneffouf, D., Cecchi, G., & Varshney, K. R. (2023). Towards Healty AI: Large Language Models Need Therapists Too.    arXiv preprint arXiv:2304.00416

Mehrotra, S., Kumar, S., Sudhir, P., & Rao, G. N. (2017). Unguided Mental Health Self-help Apps: Reflections on Challenges through a Clinician’s Lens. Indian J Psychol Med, 39 (5), 707-711

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