Il difficile compito a cui sono chiamate le coppie che si separano, è quello di portare in salvo la genitorialità, aldilà del conflitto e della rottura coniugale.
La separazione è un evento critico della storia della coppia, e come tutti gli eventi critici è fonte di tensione perchè richiede una modifica dei compiti di sviluppo della famiglia, comportando la modifica dei legami, dei ruoli e dell’organizzazione relazionale che deve modificarsi per consentire lo sviluppo ed il benessere psicologico dei membri della famiglia. Va precisato che non è tanto l’evento critico in sé ad essere fonte di stress, ma sono le modalità e le strategie con cui gli individui affrontano tale evento a determinarne gli esiti. La crisi può essere superata, ma ciò richiede che venga elaborata, riconosciuta e fatta propria con sofferenza; mentre se viene negata e rifiutata ne consegue un oneroso mantenimento delle preesistenti regole organizzative familiari.
La separazione coniugale comporta anche la separazione da aspetti materiali, simbolici e affettivi della propria vita, per questo provoca inevitabilmente un cambiamento nell’assetto identitario. In sintesi, la relazione coniugale può rappresentare la possibilità di potenziare i propri aspetti più costruttivi e creativi, ma può anche costituire la cassa di risonanza degli aspetti patologici, attraverso meccanismi di scissione e di negazione di tutto ciò che è avvertito doloroso o disturbante.
La separazione infatti, è stata studiata come un fenomeno che coinvolge ben 6 livelli (Bohannan 1973):
- il divorzio emotivo
- il divorzio legale
- il divorzio economico (spesso l’aspetto economico non riveste soltanto un valore meramente finanziario ma nasconde questioni affettive che se non sono prese in considerazione rischiano di far prolungare le dispute e vanificare gli accordi)
- il divorzio genitoriale
- il divorzio sociale
- il divorzio psichico che si riferisce alla fiducia in se stessi e nelle proprie capacità anche in assenza del partner.
D’altro canto la genitorialità o parenting segue logiche ben diverse. La genitorialità è il processo psichico mediante il quale una donna e un uomo diventano genitori; non si innesca automaticamente con l’evento della nascita di un bambino, bensì si fonda sullo spazio che i partner costruiscono nella propria mente al fine di contenere l’idea di un figlio e l’immagine di sé come madre e padre; tale spazio è strettamente connesso all’immagine dei propri genitori, del rapporto, reale e/o fantasmatico, instaurato lungo gli anni con loro e all’immagine di sé come figli (Di Vita e Brustia, 2008). Anche quando l’esperienza della genitorialità è positiva, rimane comunque legata a un potente processo di riorganizzazione intra e interpsichica che va a modificare la fisionomia dei legami (Ammaniti, 2001). La funzione genitoriale, quindi, non equivale semplicemente a un insieme di pratiche educative riguardo il modo di allevare i figli, bensì si configura come una realtà più complessa che comporta delle specifiche abilità che si apprendono nel tempo; le azioni dei genitori sono strettamente legate a un insieme di cognizioni, verso le quali spesso c’è inconsapevolezza, che riguardano lo sviluppo e l’educazione (Errante, 2006).
Secondo Haller (1992), la “capacità genitoriale” corrisponde ad un costrutto complesso, non riducibile alle qualità personali del singolo genitore, ma che comprende anche un’adeguata competenza relazionale e sociale. Questa competenza indica la capacità di saper interagire col figlio in modo protettivo, rassicurante, rispettando però le sue esigenze.
In casi di separazione, la coppia genitoriale al fine di garantire uno sviluppo sereno e non pregiudizievole ai propri figli, dovrebbe rispondere ai seguenti presupposti:
- Il criterio dell’accesso, che è il livello di disponibilità ad accettare ed a riconoscere il diritto/dovere dell’altro genitore a partecipare alla vita del figlio e riconoscere il bisogno di quest ultimo di accedere all’altro genitore.
- Il criterio del genitore psicologico, che è la capacità di fornire guida, supporto, cura e di tenere lontani i figli dal conflitto.
- Il criterio del desiderio autentico dei figli, ossia la qualità dell’attaccamento genitori-figli
- Il criterio della riflessività, che riguarda la capacità di riflettere sulla storia personale, di coppia e su rapporto coi figli.
Nelle situazioni più complesse si valuta anche la disponibilità del genitore a cambiare, ossia la disponibilità a farsi aiutare attraverso risorse esterne per migliorare le modalità genitoriali (Camerini, De Leo 2006).
Un percorso di psicoterapia individuale e di supporto alla genitorialità risulta essere un valido strumento per elaborare e superare le conflittualità col partner e di annullare/ridurre il rischio di perdere il proprio ruolo genitoriale.