Ma io non mi sento bene!
Patologie legate al dolore cronico
Molte persone vivono con un’ombra interiore, un nemico, un mostro interno, un ospite indesiderato. Il dolore cronico.
Due parole vicine che difficilmente riescono a dare una immagine di ciò che significa provare un dolore invalidante ma non essere compreso dall’Altro, non riuscire a compiere le azioni quotidiane come lavorare, cucinare, riposare, non riuscire ad avere delle relazioni interpersonali perché sono così stanco da dover rifiutare un invito o disdire all’ultimo momento.
Ecco allora che queste due parole ci danno una idea di cosa può essere il dolore: non tangibile ma presente e fortemente invalidante sia per la persona che ne soffre che per le persone vicine.
Molte sono ormai le patologie conosciute come causa del dolore cronico: fibromialgia, artrite reumatoide, endometriosi ma anche alcune forme di neoplasia le cui cure hanno portato ad un allungamento della vita ma non alla sua qualità.
L’esperienza del dolore può non essere direttamente collegata all’origine del disturbo e si caratterizza per importanti conseguenze sulla qualità di vita della persona: riduzione delle autonomie personali, alterazione delle abitudini sociali e lavorative, insonnia, tendenza all’isolamento, oltre che comorbilità con sintomi ansioso-depressivi ma anche con veri e propri disturbi clinici
Nonostante la pratica medica corrente focalizzi la propria attenzione diagnostico/terapeutica quasi esclusivamente sulla componente somato-sensoriale, il dolore cronico risulta fortemente correlato ad aspetti di natura emotiva e cognitiva la cui regolazione può contribuire significativamente a un esito terapeutico più favorevole nel trattamento del dolore cronico.
Infatti risulta ampiamente dimostrato che lo stato emozionale influenza le caratteristiche e l’intensità di dolore percepito. I fattori psicologici possono causare un’iper-reattività muscolare in risposta ad uno stress psicologico che contribuisce allo spasmo muscolare e pertanto, all’aumento dell’effetto nocicettivo e all’esacerbazione del dolore. Quest’ultimo a sua volta potrebbe agire come un ulteriore fattore stressante, aumentando ancor di più la tensione muscolare, provocando la formazione di punti scatenanti (trigger point) e contribuendo al perpetuarsi del ciclo tensione-dolore.
Vissuto emotivo
Proviamo ad avere una rappresentazione mentale del vissuto che comporta la convivenza con il dolore.
Pensiamo di tendere il braccio e avere sul palmo di mano dei libri poggiati sopra. Più trascorre il tempo con questo peso sulla mano, più il dolore si irradia dall’avambraccio, al braccio, al deltoide fino a tutto il tronco, alle gambe per arrivare ad una totale sensazione di stanchezza cronica e astenia. Si, la prima caratteristica del dolore cronico è proprio l’astenia. Non si ha più la forza di compiere semplici gesti quotidiani come andare a lavoro, fare la spesa, uscire con gli amici.
Questo comporta delle conseguenze notevoli nella società e quindi porta poi all’isolamento. Isolamento che parte però già dalla famiglia. Chi vive accanto ad una persona con dolore cronico non ha gli strumenti necessari per comprendere il vissuto emotivo del paziente. Quindi si generano difetti comunicativi e grande distanza fisica ed emotiva. Chi soffre non si sente compreso e chi vive accanto si sente inerme di fronte a tanta sofferenza.
Anche le relazioni sociali sono “vittime” del dolore cornico. Come spiegare a lavoro che non ci si sente di alzarsi dal letto ma non avere un certificato medico con una diagnosi? Oppure avere la diagnosi di fibromialgia o endometriosi e non aver riconosciuto il diritto alla malattia?
Come spiegare agli amici che anche se sto bene fisicamente in realtà vorrei stare solo steso nel letto e riposare le anche? Non sono pigro. Non mi sento bene.
Capiamo bene che la base è sempre l’informazione e la comprensione di quello che è il dolore cronico e il supporto psicologico necessario a chi ne soffre e fondamentale per chi si prende cura di.
Intervento psicoterapeutico
Depressione e angoscia sono sentimenti che nascono e si sviluppano come risposta naturale alla diagnosi di una malattia cronico – degenerativa o oncologica. Passare dalla condizione di “individuo sano” a quella di “individuo malato” è una esperienza complessa e delicata, non facile da gestire, specie in soggetti molto sensibili o particolarmente fragili. Fra le tante emozioni che il paziente vive figurano anche la tristezza, la rabbia (..”perché proprio a me” … “cosa ho fatto per meritarmi questo”), la vergogna, il senso di impotenza ed una tendenza all’isolamento, che porta inesorabilmente il paziente ad una progressiva accentuazione della sofferenza e ad un stato di profonda solitudine dell’anima. Anche la famiglia vive gli stessi sentimenti del paziente, spesso uniti ad un senso di colpa e di imbarazzo per la difficoltà che ha nell’affrontare lo sguardo del proprio caro o per non sentirsi capace di gestire in modo adeguato la situazione. A tal fine risulta sempre più importante l’integrazione della terapia farmacologica alla psicoterapia.
La terapia cognitivo-comportamentale è stata utilizzata come base per molti programmi di trattamento del dolore e dello stress e costituisce una forma di educazione più complessa del paziente. Gli interventi della terapia cognitivo comportamentale possono comprendere: l’aiuto ai pazienti ad apprendere e a monitorare le interazioni tra i propri pensieri, sentimenti, sintomi, comportamento e ambiente sociale, tecniche di risoluzione dei problemi, tecniche di rilassamento e di ristrutturazione cognitiva, le tecniche comportamentali di adattamento e come obiettivi secondari le strategie per promuovere il supporto sociale.
E’ cruciale l’approccio multidisciplinare al trattamento del dolore cronico, proprio perché diverse sono le discipline interessate nella diagnosi e quindi nella prognosi. L’obiettivo finale che i professionisti devono tenere a mente è sempre la qualità della vita partendo dall’accoglienza della persona e della sua rete familiare e di tutto l’alone di malessere, sfiducia e senso di impotenza da cui è costellata.
BIBLIOGRAFIA
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